IL CASONCELLO DI BARBARIGA

Il Casoncello di Barbariga appartiene alla grande tradizione italiana delle paste che avvolgono un ripieno. La sua invenzione, come quella delle altre paste ripiene italiane, è incerta e contesa.

Il casoncello risulta diffuso un po’ su tutto il territorio bresciano. Nello specifico, la ricetta del Casoncello di Barbariga è caratterizzata da una farcia che comprende sia erbette sia prosciutto cotto macinato, oltre ad altri ingredienti della cucina locale.

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La ricetta ufficiale

del Casoncello De.Co. di Barbariga

Il Casoncello De.Co. di Barbariga è una pasta ripiena la cui ricetta prevede due fasi di realizzazione: la pasta e il ripieno.

La pasta viene preparata con:
Farina bianca di grano tenero tipo “00” antigrumi
Uova
Sale
Acqua

Il ripieno viene preparato con:
Pane grattugiato
Formaggio Grana Padano DOP
Burro fuso
Sale
Noce moscata
Prosciutto cotto macinato fine senza polifosfati aggiunti
Erbette cotte e macinate
Brodo di carne
Salvia e prezzemolo
Acqua qb

È vietata l’aggiunta di conservanti e coloranti.

La storia del Casoncello


Nella storia della gastronomia italiana la presenza di una pasta che avvolge un ripieno è antichissima, ma le sue trasformazioni sono difficili da ricostruire poiché, nella lotta per la sopravvivenza quotidiana, nel tempo non si provvedeva certo a documentare le evoluzioni della cucina. Questi piatti si ritrovano sia nella cucina “nobile” che in quella “popolana”, che si differenziano per la ricchezza, in qualità e quantità, degli ingredienti della farcia. In versione casalinga-popolare spesso la pasta ripiena utilizza avanzi di preparazioni cucinate per altre occasioni. Rappresenta comunque un piatto “da festa”, un piatto della domenica, anche per la laboriosità della preparazione.

Nel tempo gli storici e i letterati hanno dato numerosi spunti sulle origini delle varie paste ripiene e sulle diverse ricette con cui si presentano. Nel marchesato di Gavi in Liguria, fin dal XII secolo, in una locanda della famiglia Raviolo la pasta servita avvolgeva un ripieno a base di uova, erbe e formaggio di pecore, mentre la carne era totalmente assente, poiché non poteva certo essere sciupata in un ripieno.

Nel 1284 Salimbene da Parma scrive: “… nella festa di Santa Chiara, 12 agosto 1284, mi sono mangiato per la prima volta in vita mia i ravioli senza veste di pasta. E lo dico sì a dimostrare come si è raffinata la ghiottoneria umana in gustare vivande rispetto agli uomini primitivi, che si contentavano di cibi offerti dalla natura.” Già allora quindi i ravioli erano un piatto diffuso e abitualmente serviti “in veste di pasta”. Anche nel Decameron di Boccaccio, nella novella di “Calandrino e L’elitropia”, si parla di “… genti che niuna altra cosa facevano che far maccheroni e raviuoli e cuocerli in brodi di capponi”.

Nei secoli seguenti, sempre i ravioli sono menzionati in ricettari toscani, emiliani e veneziani con ricette che fondono dolce e salato: sono citati come “Rafioli fritti, Rafioli commun de herbe vantazate, Rafioli per altro modo e chiamasse licamproprii”.

Teofilo Folengo nel suo “Baldus” (1517) menziona i casoncelli insieme a gnocchi e tagliatelle (“caldaria plena casoncellis, macaronibus atque foiadis”) specificando la somiglianza tra tortelli, casoncelli e rafiol (ravioli) e che i “tortellis” mantovani sono cucinati “grassi”, con l’aggiunta di carne, mentre quelli bresciani sono “magri”, fatti cioè principalmente solo con pane e formaggio.

A metà del 1500 in “La massera da bé” la protagonista elenca le proprie qualità di cuoca e menziona i casoncelli, che facevano parte del bagaglio delle preparazioni conosciute da un buon cuoco o domestico. Nello stesso periodo, nel suo fantasioso “un breve catalogo delli inventori delle cose che si mangiano e si bevono nuovamente ritrovato e da M.Anonimo di Utopia Composto”, tra gli autori immaginari Ortensio Landi inserisce Melibea da Manerbio che “fu l’inventrice de casoncelli, delle offelle, e delli salviati: fu costei donna di grande ardire, e è chiara cosa, che con le proprie mani ammazzò un orso di grandezza mostruosa”.

Nel 1817 il vocabolario Bresciano-Italiano di Giovan Battista Melchiori riporta “Cazonzei – Bocconotti. Voce dell’uso. Vivanda d’erbe, uova, cacio ed altro chiusa in piccoli pezzetti di pasta che mangiasi in minestra”.

Secondo l’Enciclopedia bresciana (ed. La Voce del popolo) i casoncelli sono “specie di ravioli con ripieno a base di carne, pane grattugiato, formaggio, prezzemolo ed aglio, lessati e serviti ben caldi conditi con formaggio di grana e burro cotto alla salvia” e “nella bassa bresciana sono il piatto d’onore delle sagre e dei Tridui”. Come piatto si ritrovano comunque un po’ in tutta la provincia.

Produzione artigianale e vendita Casoncelli di Barbariga (Brescia)